Triumph Thruxton R : la prova su strada


Negli anni sessanta i rocker erano figli della classe proletaria, vestiti con giubbotto di pelle, jeans con il risvolto e stivali. Amavano il rock'n'roll di Gene Vincent e di Eddie Cochran, e cavalcavano moto britanniche marchiate Triumph o Norton. I loro ritrovi erano bar da camionisti sulle tangenziali periferiche londinesi, come l'Ace Café sulla North Circular. Ammazzavano il tempo truccando le moto per dar loro un aspetto racing, e si sfidavano in street illegal, gare di velocità da bar a bar lungo la tangenziale (non troppo diversamente dalle sfide di accelerazione di noi quattordicenni sui cinquantini da cross). Gli Who hanno raccontato in Quadrophenia della leggendaria rivalità fra rocker e mod (i quali invece guidavano Vespe e Lambrette, altrettanto addobbate esteticamente).

La Triumph Thruxton degli ultimi anni era la versione di serie di queste leggendarie special. Ma con l'ultima Thruxton, in particolare nell'allestimento R, Triumph rimescola le carte. Perché la nuova Triumph non vuole sembrare una moto da corsa (sia pure vintage): in effetti è una moto da corsa.
Innanzi tutto è bella in modo imbarazzante, tanto da evocare più una mostra di arte moderna che un'officina meccanica. Il serbatoio metallizzato, la sella, gli strumenti, la linea filante, tutto nella Thruxton concorre ad instillare nel pilota la sindrome di Stendhal.
La posizione di guida è rannicchiata: i polsi sono caricati, le gambe piegate (perché le pedane sono più avanti di quanto sia naturale), la sella è dura. Persino il serbatoio è troppo stretto per riuscire a stringerlo fra le gambe.
Ma ogni dettaglio perde importanza quando si accende il motore e si parte, nel rombo del bicilindrico raffreddato ad acqua, ma con le alette dei cilindri che imitano le trazionali raffreddate ad aria. La centralina mette a disposizione tre mappature del motore: pioggia, strada e sport. Per chi cavalca una Thruxton le prime due sono inutili: la posizione da tenere è quella sportiva. Viceversa a cosa servirebbe comprarsi questa moto?
Appena partiti, la percezione di essere su una moto classica viene immediatamente perduta. Da subito si ha la netta impressione di cavalcare una moto da corsa. L'accelerazione è bruciante, nel frastuono del rombo del motore. Solo il controllo della trazione controlla l'impennata. Le cosce si riscaldano, le mani si affaticano, il cambio è semplicemente perfetto, ma a niente di tutto ciò si fa caso: l'unico pensiero è quello di restare attaccato al manubrio, mentre l'aria ci spinge via.

Come i rocker degli anni sessanta, sono stato a far correre la Thruxton sulla tangenziale. Il limite è solo il buon senso (e le auto che non si tolgono dalla corsia di sorpasso). Testo la agilità nelle rotonde: è una moto stabile, che per curvare bisogna piegare e rialzare, che predilige i rettilinei e le curvone.
Il tempo a mia disposizione è poco, ma sufficiente per farmi un'idea: non ho mai pilotato una moto come questa.

Quando la riporto al concessionario Due Ruote, che generosamente me l'ha messa a disposizione, mi domando a cosa serva una Thruxton. Non a recarsi al lavoro, non per la gita al mare. Serve per correre. Il problema è dove: il desiderio di provarla su un circuito è forte. Al prezzo di 14.900 €, la Thruxton è chiaramente un atto di amore per le due ruote, ed un gioiello per chi se lo può permettere. È una seconda moto per motociclisti ricchi. Esiste anche una versione "normale" senza la bella forcella upside down color oro, che permette di risparmiare 2.000 euro, ma, come si dice, fatto trenta...
Per il "resto di noi" in cerca di divertimento quotidiano, la Street Twin è la sorellina da corteggiare.


Ora mi metto in attesa di una nuova Ducati GT, l'unica classica che potrebbe competere con la Thruxton R. Scommettiamo che la vedremo a EICMA 2016?


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